Viaggi studio ed Erasmus
L’apprendimento delle lingue non avviene solo in aula tra slide, dispense e libri. Per tale ragione, per garantire un’acquisizione linguistica di alto livello, la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici (SSML) San Domenico affianca ai vari corsi di laurea e ai master l’opportunità dei viaggi studio o Erasmus all’estero: esperienze indispensabili per lo studente alla ricerca dell’immersione linguistica.
In linea con le politiche europee, SSML San Domenico offre ai suoi studenti la possibilità di avviare un dettagliato programma di studio e lavoro all’estero. L’offerta è vantaggiosa in particolare per gli aspiranti traduttori o mediatori linguistici alla ricerca di un’opportunità di carriera nel contesto internazionale.
Intraprendere un viaggio studio o un erasmus nel Paese della lingua target consente non solo di acquisire piena padronanza della lingua, ma soprattutto di esperire in prima persona le possibilità lavorative fuori dall’Italia, ottimizzando le proprie competenze linguistiche e culturali a seconda delle esigenze del mercato di riferimento; arricchendo, di conseguenza, il proprio vocabolario linguistico e curricula studiorum e vitae.
In questo articolo approfondiamo i vantaggi, sia in termini linguistici sia in termini esperienziali, dei viaggi studio in Europa e in Giappone, o esperienze Erasmus previsti dall’offerta SSML San Domenico.
Apprendimento delle lingue: l’importanza dell’immersione linguistica
Che sia la tipica lezione frontale o lo studio da autodidatta a casa, l’apprendimento linguistico, da solo e, decontestualizzato, non basta per garantire una padronanza di alto livello.
Affinché lo studente di lingue acquisisca nel tempo le competenze linguistiche richieste dal contesto situazionale reale è necessario intraprendere un’esperienza al di fuori dei confini nazionali; ed è proprio qui che entra in gioco il ruolo dell’immersione linguistica.
L’immersione linguistica rappresenta oggi un pilastro fondamentale per lo studio delle lingue straniere. Se si guarda all’attuale scenario della globalizzazione digitalizza e all’apice della sua interconnessione fisica e/o virtuale, aumenta, difatti, la necessità internazionale di mediazione al fine di agevolare la mobilità globale oltre all’incontro e comprensione tra lingue e culture.
D’altra parte, considerata la complessità dello studio delle lingue, che non si limita alla mera acquisizione di vocabolario, sintassi e grammatica, ma abbraccia anche la comprensione socio-pragmatica della cultura di riferimento, il suo apprendimento richiede maggiore sforzo oltre la pagina del libro di lingua.
Grazie a esperienze di viaggi studio o Erasmus promossi da SSML San Domenico, gli studenti hanno la possibilità di aggiungere un plus all’apprendimento della lingua, rispondendo alle esigenze del crescente contesto della cooperazione internazionale, dove la capacità di comunicare efficacemente attraverso diverse lingue è indispensabile per comprendere e comunicare tra lingue-culture diverse.
Con le esperienze di studio e lavoro in un Paese straniero, gli studenti di lingue possono immergersi completamente nell’ambiente linguistico, potenziando le loro abilità comunicative e linguistiche in contesti reali, divenendo così consapevoli dell’uso effettivo della lingua grazie alla costante esposizione linguistica.
I vantaggi dei viaggi studio o dell’Erasmus
Intraprendere un viaggio studio o un Erasmus favorisce e, spesso, accelera l’apprendimento linguistico, facilitando ogni fase durante il processo di acquisizione linguistica. Grazie alla costante esposizione alla lingua target, lo studente apprende in fretta la lingua seconda, divenendo in breve tempo un esperto comunicatore della lingua straniera.
Ogni aspirante traduttore linguistico o mediatore linguistico-culturale dovrebbe avviare, nel corso della propria carriera universitaria, un percorso di studi come l’erasmus all’estero o un viaggio studio in Europa o in Giappone. Tali esperienze consentono di conoscere direttamente il luogo, ampliando il ventaglio di opportunità lavorative.
In breve, investire nell’immersione linguistica e decidere di vivere per un periodo nel luogo che ospita la lingua target garantisce allo studente di lingue straniere una consapevolezza linguistica, allargando l’orizzonte conoscitivo sul piano internazionale, oltre a raggiungere una piena maturazione della cultura della comunità linguistica locale.
Erasmus o viaggio studio?
Eramus Studio persegue gli obiettivi del programma europeo Erasmus + 2021-2027 e ha la finalità di realizzare una fitta rete di rapporti internazionali a favore della diffusione della didattica, della ricerca e della mobilità degli studenti, grazie alle borse di studio della Comunità Europea.
Nello specifico, l’offerta SSML San Domenico offre due tipi di Erasmus a seconda dell’esperienza che si intende conseguire all’estero.
Con Erasmus Studio il periodo previsto va dai 3 a un massimo di 12 mesi e permette allo studente universitario di seguire corsi e conseguire esami, con riconoscimento dei crediti al rientro, presso l’Università straniera. Erasmus Placement, invece, è pensato per studenti di lingue interessati al contesto imprenditoriale: il soggiorno all’estero va da un periodo minimo di 1 mese e massimo di 1 anno e consente agli studenti di svolgere un’attività di tirocinio all’interno di un’azienda.
Il viaggio studio rappresenta un’altra grande opportunità sul piano lingusitico: consente di soggiornare in un Paese estero per studiare e lavorare per un arco di tempo di 3, 6 o 12 mesi. Il viaggio studio è integrabile con Erasmus, che offre ulteriori vantaggi, quali la borsa di studio, agevolazioni sulle tasse universitarie e altri incentivi relativi alla ricerca dell’alloggio o sulla gestione dell’intera documentazione necessaria per il soggiorno nel Paese estero.
Anche quest’esperienza è utile per avviare una prima esperienza lavorativa oltre i confini italiani, ottimizzare le loro competenze professionali e interculturali, oltre ad avere la possibilità di creare una rete di contatti all’estero e avviare una carriera professionale stringendo costantemente relazioni con grandi personalità nel contesto internazionale.
Perché studiare il coreano?
Complice la diffusione della cultura K-pop, il coreano rappresenta una delle lingue straniere più ambite da studenti e lavoratori. Parlata principalmente nella penisola coreana, l’omonima lingua è ampiamente diffusa in Russia, Cina e negli Stati Uniti, ma il suo utilizzo si estende al mercato globale, imperando su economia e commercio internazionali e mediazione linguistica.
Parlato da più di 75 milioni di persone in tutto il mondo, il coreano apre infinite possibilità professionali oltre a rappresentare una grande ricchezza personale: conoscere il coreano significa viaggiare senza ostacoli interculturali verso l’Oriente, immergendosi in società e culture molto distanti dalle proprie origini.
Nonostante l’inglese, il francese e lo spagnolo restino in cima alla lista delle lingue straniere più apprese, sono in progressivo aumento i parlanti della lingua coreana, consapevoli dell’importanza strategica del Paese: la Corea vanta tutt’oggi tecnologie di fama mondiale oltre a una rinomata cultura gastronomica, cinematografica e musicale, in particolare il genere K-Pop.
Apprendere la lingua coreana: tutti i vantaggi
Saper parlare il coreano può apportare grandi vantaggi, specialmente per gli amanti della cultura locale. Per questi ultimi, imparare la lingua coreana consente di comprendere film, musica e altri contenuti originali senza necessità di sottotitoli e traduzioni nella lingua madre. Dalla cultura all’economia: come accennato in precedenza, il coreano sta progressivamente estendendo la sua influenza nel mercato globale: studiare il coreano significa governare le dinamiche commerciali senza bisogno di mediazioni interculturali.
In breve, parlare e comprendere il coreano significa anzitutto maggiore competitività sul mercato del lavoro: tale lingua straniera apre infinite porte professionali, ampliando considerevolmente le opportunità di lavoro non solo in Corea, ma anche in altre zone estere sede di aziende coreane. Tra i settori più accessibili si trovano l’ingegneria, l’automotive, il marketing, l’informatica e la telefonia mobile. Oltre alla Corea, è possibile estendere la propria domanda all’estero: al giorno d’oggi cresce sempre più il numero di aziende internazionali alla ricerca di candidati con competenze plurilinguistiche, tra cui il coreano.
Caratteristiche linguistiche della lingua coreana
Il coreano è una lingua di origine incerta. In merito, la linguistica storica si divide in due rami: alcuni studiosi la etichettano come lingua isolata, vale a dire non appartenente ad alcun ceppo linguistico; altri ricercatori la considerano figlia delle lingue altaiche, dunque dal ceppo in comune con le lingue: giapponese, turco e mongolo.
L’alfabeto coreano, chiamato hangeul, è composto da 40 lettere suddivise in 19 consonanti e 21 vocali che, combinandosi tra loro, danno luogo a gruppi sillabici. Una caratteristica distintiva a livello linguistico è visibile nell’ordine dei costituenti della frase: la struttura sintattica non è SVO (Soggetto-Verbo-Oggetto), come l’italiano, ma SOV (Soggetto-Oggetto-Verbo).
Un’altra grande differenza risiede nella totale assenza di elementi morfologicamente vuoti come articoli e preposizioni. Per specificare i vari complementi, la lingua coreana utilizza dei suffissi grammaticali da addizionare ai vari termini. Tali particelle possono tuttavia essere omesse qualora il contesto linguistico o situazionale sia sufficiente a disambiguare il discorso.
Infine, i registri linguistici: la società coreana è gerarchica e ha ampia considerazione di ciascun ruolo. Anche la lingua riflette tale riguardo e lo esprime attraverso tre registri linguistici (informale, formale e onorifico) oltre a diverse forme di cortesia a livello pragmatico: ciascun livello è utilizzato per veicolare più o meno riverenza nei confronti dell’interlocutore.
Il coreano è simile al cinese e al giapponese?
Nonostante l’apparente somiglianza tra le tre lingue all’ascolto di un parlante non nativo, il cinese, il coreano e la lingua giapponese presentano notevoli differenze non solo dal punto di vista storico, ma soprattutto grammaticale.
Anzitutto, è bene sottolineare che il coreano è una lingua fonetica, vale a dire che ogni lettera corrisponde a un fonema (un suono con un significato). In generale, le parole sono perlopiù composte da blocchi sillabici che si interpretano da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso.
La grammatica della lingua coreana è simile al giapponese mentre molti termini coreani condividono le stesse etimologie di alcune parole cinesi. Ciononostante, il coreano non è una lingua tonale come il cinese e presenta un sistema di scrittura differente dagli alfabeti delle altre due lingue.
Quanto è difficile studiare il coreano?
Spesso quando si è intenti a studiare una nuova lingua, ci si domanda sull’effettivo grado di difficoltà della stessa durante l’apprendimento. Nulla di più sbagliato: pensare alle avversità linguistiche della lingua seconda inibisce la motivazione allo studio, ostacolando di conseguenza ogni singola fase dell’interlingua.
Anzitutto è bene evidenziare che non esiste una lingua difficile universalmente valida per tutti: ogni lingua presenta semplicità e difficoltà in base alla lingua target. A seconda della lingua madre del parlante, la lingua straniera presenterà più o meno avversità; tutte facilmente superabili grazie alla costanza e all’esercizio.
La distanza fonetica e grammaticale può apparire complessa agli occhi di parlanti di lingue germaniche, come gli anglofoni, e lingue romanze, come l’italiano. Tra le difficoltà si ricordano la pronuncia a causa di suoni totalmente nuovi dal proprio alfabeto e la grammatica a causa di ordini differenti e sfumature di significato a seconda del contesto.
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Quanto guadagna un interprete?
Caratteristiche, opportunità di lavoro e stipendio medio in Italia
Nonostante la crisi dello scenario commerciale mondiale, il mondo del lavoro si dimostra sempre aperto per chi ha dedicato i propri studi alle lingue e alle mediazione linguistica. Tra le figure professionali più richieste dalle aziende spicca il ruolo dell’interprete: vero ponte linguistico-culturale nel panorama internazionale.
Eppure, lavorare nella sfera dell’interpretariato non è semplice, specialmente se si aspira al ramo della diplomazia e delle negoziazioni sul piano globale. Altrettanto complicato è generalizzare le responsabilità e la remunerazione media di tale figura, strettamente correlate a fattori, quali il campo di applicazione, la lingua target, l’area geografica destinata al servizio e, soprattutto, l’esperienza pregressa del professionista.
In questo articolo esploreremo le opportunità dell’interprete sul piano lavorativo, approfondendone caratteristiche, competenze e stipendio medio in Italia, svelando i dettagli e i vantaggi che rendono questa professione tanto ambita quanto sfidante nel mondo.
Che cosa fa un interprete? Caratteristiche, attività e competenze richieste
Se sei interessato a lavorare con le lingue e hai una forte passione per la comunicazione interculturale, quella dell’interprete è la figura più in linea con i tuoi sogni professionali; ma cosa fa esattamente un interprete? Quali sono le caratteristiche e le opportunità di lavoro che offre questo affascinante ruolo per lo scenario italiano e internazionale?
Per prima cosa è bene ricordare che l’interprete non è un semplice traduttore. Queste figure svolgono attività indispensabili sul piano socio-culturale: facilitano la comunicazione tra parlanti di diverse lingue, agevolandone la mediazione. La loro abilità, infatti, va oltre la semplice traduzione letterale: gli interpreti devono saper cogliere le diverse sfumature pragmatiche e culturali della lingua target, riconoscere le regole del ritmo della conversazione, gestire pause e silenzi tra gli scambi comunicativi, oltre a trasmettere emozioni e richieste con rispetto e precisione.
In linea generale, l’interprete può essere definito come un vero ponte tra mondi linguistici: una figura che supera le barriere culturali e semplifica l’intercomprensione tra popoli e culture. Tra le caratteristiche principali si ricordano: una padronanza fluente di almeno due lingue, vale a dire abilità avanzate di produzione e ricezione delle lingue-culture coinvolte, e abilità oltre il piano linguistico e paralinguistico, come la flessibilità mentale, il pensiero critico e, soprattutto, la capacità di mantenere o ristabilire la calma in contesti di crisi.
Opportunità di lavoro e campi di applicazione dell’interpretariato
Lavorare nell’interpretariato apre le porte a un mondo di opportunità eccezionali: intraprendere la carriera di interprete non offre solo la possibilità di sperimentare una varietà di contesti professionali, ma consente anche di contribuire in modo significativo alla cooperazione internazionale.
Difatti, le opportunità professionali degli interpreti sono ampie e diversificate: siamo di fronte a un ruolo intramontabile per gli scambi comunicativi interculturali; ed è proprio per questo che tale figura è ancora ancora oggi così richiesta nel mercato globale.
I suoi campi di applicazione dell’interprete occupano una vasta gamma di settori:
- diplomazia
- negoziati internazionali
- campo medico
- commercio internazionale
- diritto e consulenza legale
- campo tecnologico
- ricerca e innovazione
Di più, il crescente mondo dell’onlife e la digitalizzazione avanzata registrata negli ultimi anni amplia le porte del lavoro con nuove opportunità virtuali, consentendo agli interpreti di lavorare anche online attraverso modalità lavorative agili.
Qual è lo stipendio medio dell’interprete in Italia?
La figura professionale dell’interprete rappresenta un lavoro gratificate, con una remunerazione competitiva anche per lo scenario nazionale. Questa professione presenta un reddito solido e stabile anche nel nostro Paese, ma il contenuto della sua busta paga dipende da diversi fattori, gli stessi menzionati a inizio articoli.
Generalmente, lo stipendio medio di un interprete in Italia si aggira intorno ai 62400 euro annui, all’incirca 32 euro l’ora, ma la cifra può variare considerevolmente di fronte alla seniority della figura. Escluse le opportunità di stage o tirocinio come interprete per entry level o figure junior, nella maggior parte dei casi il compenso è strettamente correlato agli anni di esperienza accumulata.
Come si diventare interprete? Il percorso di studi più adatto
Se sei appassionato di lingue straniere e sogni di diventare un interprete, a seguire troverai alcuni consigli utili sul percorso di studi da intraprendere per entrare a far parte di questo affascinante mondo.
Come abbiamo esplorato, l’interpretariato non è un settore per tutti: richiede una spiccata sensibilità linguistica e abili competenze nell’ambito della mediazione interculturale. Per tutti gli aspiranti interpreti desiderosi di specializzarsi in questo ruolo è suggerito sviluppare una solida padronanza linguistica in almeno due lingue, competenze che possono essere acquisite attraverso la scelta di un corso di studi in Scienze della Mediazione Linguistica, iter formativo più specifico rispetto all’alterativa classe in Lingue e Letterature Straniere. Come lascia intendere il nome, la classe L-12 è focalizzata sulla comunicazione interculturale e sulla gestione delle differenze linguistiche in contesti pratici.
Per completare la figura e affinare ulteriormente le competenze della mediazione linguistica si suggerisce di proseguire gli studi con una Laurea Magistrale e/o un Master in Interpretariato, scelta da arricchire con percorsi di studio specialistici, partecipazioni a seminari, workshop e corsi di formazione mirati per un costante aggiornamento professionale.
Tre film per chi studia Mediazione Linguistica
Conoscere e saper parlare fluentemente in una o più lingue straniere apporta notevoli benefici. I vantaggi più evidenti non spiccano solo nell’ambito professionale, ma soprattutto nella sfera individuale e interpersonale.
Gli studenti di lingue e mediazione linguistica sviluppano una mente poliedrica, flessibile e con grande capacità adattiva alla situazione. Nei contesti comunicativi, il plurilinguismo assicura la buona riuscita dell’interazione, indipendentemente dalle diversità linguistico-culturali.
La facoltà di mediazione linguistica agevola difatti gli scambi interculturali, preparando il discente ad apprendere competenze specifiche del settore: laurearsi in lingue significa aver acquisito la sensibilità interculturale necessaria per favorire la mobilità linguistica internazionale.
Il grande investimento del plurilinguismo
Apprendere le lingue rappresenta un grande investimento per il futuro; e non solo per le grandi opportunità che le competenze linguistiche offrono nel mercato del lavoro. Conoscere almeno una lingua straniera ottimizza le facoltà cognitive e allarga i propri orizzonti conoscitivi: aumenta la consapevolezza culturale e accresce i valori della tolleranza e dell’empatia.
La conferma arriva da anni di letteratura scientifica. Numerosi studi provenienti da centri di ricerca e università di tutto il mondo condividono lo stesso risultato: le abilità linguistiche aumentano la flessibilità e adattabilità alla situazione, apportando notevoli benefici alla quotidianità del parlante multilingue.
Tra i principali vantaggi si ricordano
- Ottimizzazione delle facoltà cognitive: i parlanti plurilingue sviluppano maggiori abilità di problem-solving, di attenzione selettiva e di controllo esecutivo. A lungo termine, conoscere più lingue riduce sensibilmente il rischio di sviluppare deficit cognitivi e altre malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.
- Ottimizzazione delle abilità linguistiche: una maggiore esposizione a lingue differenti dalla propria lingua madre agevola la capacità di apprendimento delle lingue grazie a transfer linguistici e altre strategie durante la fase di interlingua.
- Accrescimento della sensibilità culturale: conoscere più lingue aumenta la sensibilità e la consapevolezza interculturale.
- Notevoli vantaggi nella sfera professionale: un mercato del lavoro sempre più globalizzato e interconnesso è alla costante ricerca di figure professionali con abilità multilingua.
- Accrescimento interculturale: il plurilinguismo agevola l’interesse verso le diversità linguistiche, riduce le barriere e arricchisce il proprio bagaglio culturale di esperienze uniche.
- Preservazione delle lingue: a livello internazionale, il plurilinguismo rappresenta la chiave più sicura di protezione delle lingue. I parlante plurilingue conservano la diversità linguistica avvicinando diverse culture, favorendo la mobilità linguistica a livello interazionale.
- Ottimizzazione dell’intelligenza emotiva: l’esposizione a culture e lingue diverse favorisce la crescita e lo sviluppo di tolleranza ed empatia, emozioni sociali indispensabili per un mondo rispettoso e inclusivo.
I film più adatti per chi studia Mediazione Linguistica
Compresa la lista dei principali benefici del plurilinguismo per la crescita personale e nello scenario internazionale, non sorprende l’aumento della richiesta di iscrizione alla facoltà di mediazione linguistica: gli studenti sono sempre più consapevoli dell’importanza delle lingue nel contesto socio-economico attuale.
La disciplina prepara alla comunicazione interculturale, insegnando agli studenti tutte le abilità indispensabili per uno scambio linguistico cristallino e privo di ambiguità a ogni livello linguistico.
Per comprendere meglio l’efficacia di tale facoltà accademica si consiglia la visione di tre film a tema di grande spessore, quali:
- Lost in Translation (2003)
- Arrival (2016)
- The Interpreter (2005)
A seguire una breve spiegazione di ciascun film, senza spoiler.
Lost in Translation
Malinconico e introspettivo, “Lost in Translation” è un’opera cinematografica che orbita attorno alla storia di Bob Harris (interpretato da Bill Murray) e Charlotte (interpretata da Scarlett Johansson) all’interno di una città straniera, tra una lingua incomprensibile e una cultura troppo distante.
Questo film immerge lo spettatore nella tragica quotidianità della condizione umana: un’esistenza dove impera il dubbio e nulla è certo, sensazione acutizzata in un luogo estraneo e spesso incomprensibile.
Per gli studenti di mediazione linguistica l’opera offre grandi spunti di riflessione circa la complessità della comunicazione interculturale tra linguaggio non verbale, malintesi sul piano pragmatico e il potere della traduzione per costruire veri ponti tra culture diverse.
Arrival
Il tema della comprensione interculturale approda anche nel mondo fantascientifico con “Arrival”, film distopico dedicato al tema dell’incomunicabilità a causa di uno sbarco extraterrestre.
Il tema principale è l’avvicinamento di specie diverse, dal cui incontro nasce un forte straniamento, sensazione che si radica nell’intimo del genere umano. Confusione e disorientamento sono l’accenno di un’alienazione completa conseguente all’incapacità umana di comunicare con una specie distante anni luce.
Il film rappresenta un grande prodotto cinematografico agli occhi degli apprendenti di lingue straniere per la rappresentazione dettagliata della complessità di un linguaggio alieno, incentivando la riflessione filosofica sulla caducità del tempo, ma soprattutto del linguaggio e, dunque, della fragilità del pensiero in assenza di un codice comune condiviso.
The Interpreter
Di tutt’altro genere, “The Interpreter” insegna i valori di eticità e imparzialità in un contesto politico teso e violento. Il thriller psicologico orbita attorno a Silvia Broome (interpretata da Nicole Kidman), interprete professionista delle Nazioni Unite.
Donna sveglia e brillande, Silvia si troverà in maniera accidentale in contesti scomodi, ma grazie alle sue spiccate abilità plurilinguistiche sarà in grado di sbrigliare complotti e altre situazioni spiacevoli.
In tale cornice, la competenza multilingue rappresenta uno strumento intangibile dai grandi poteri: i suoi effetti sono concreti e modificano la realtà circostante. Anche in quest’opera le lingue si rivelano per quello che sono: veri ponti di mediazione tra mondi.
Lavorare come traduttore di libri
Lavorare con le lingue offre diverse opportunità di carriera; indipendentemente dal settore di riferimento. A metà tra l’editoria e la mediazione linguistica spicca il traduttore di libri: figura professionale ibrida e complessa, dalle innumerevoli qualità e competenze a seconda dell’opera destinata alla mediazione scritta.
Diventare traduttore di libri non è semplice, specialmente in termini di curriculum di studi e avvio alla professione. La formazione prevista per tale carriera è complicata e non esente da naturali incidenti di percorso. Nonostante le difficoltà, l’obiettivo finale resta accessibile e raggiungibile per tutti.
Lavorare con le lingue: chi è e cosa fa il traduttore di libri
Prima di analizzare i possibili percorso di formazione che un aspirante traduttore di libri può intraprendere per esaudire il suo sogno, è bene approfondire le caratteristiche principali di questa figura professionale in termini di abilità, tecniche e strategie di traduzione.
Come lascia intendere il nome, a livello di competenze il ruolo del traduttore di libri può essere definito un perfetto ibrido tra l’editore e l’interprete. Esclusivamente dedito alla traduzione scritta, il mediatore editoriale.
Il professionista specializzato in traduzione di libri, romanzi o poesie è uno specialista di interpretazione di opere scritte: il suo compito è riportare il contenuto di una lingua di partenza a una lingua di arrivo.
Il problema della traduzione e la responsabilità del traduttore
La traduzione scritta non è, tuttavia, un compito semplice. Come più volte ribadito dal filosofo e saggista Walter Benjamin, il problema principale della traduzione risiede nell’impossibilità di trasmissione semantica da un testo A a un testo B.
La semiotica di una parola in una L1 (lingua uno) non sarà mai identica in una L2 (lingua seconda): c’è sempre uno scarto di significato impossibile da colmare. Ne consegue, la grande responsabilità del traduttore: riportare il senso dell’opera quanto possibile fedele all’originale.
Abilità linguistiche ed editoriali dei traduttori di libri
Considerata la complessità delle attività di interpretazione e mediazione linguistica, non sorprende l’ingente quantità di abilità, competenze e tecniche che un traduttore deve acquisire per svolgere al meglio il suo ruolo professionale.
A seguire la lista delle principali abilità linguistiche ed editoriale di un traduttore di libri:
- Sensibilità pragmatica e interculturale: come accennato sopra, convertire un testo A in un testo B non è facile. La traduzione non è un semplice trasferimento letterale del significato delle parole. Il traduttore di libri deve governare la cultura della lingua di partenza per riportare il senso dell’opera in maniera accurata, coerente e naturale alla sensibilità linguistico-culturale della lingua di arrivo.
- Abilità tecniche a livello linguistico: uno specialista in traduzione di libri deve possedere spiccate abilità linguistiche di base, ottimizzate a un livello avanzato e/o professionale in tutte le lingue coinvolte nella traduzione; in particolare nelle abilità di ricezione e comprensione del testo.
- Competenze di mediazione e traduzione: per interpretare in maniera accurata il senso di un’opera scritta, il traduttore di libri deve avere abili competenze di traduzione oltre la semplice significazione lessicale: sfumature culturali e inferenze pragmatiche sono indispensabili per interpretare in maniera corretta un testo A e riportarlo fedelmente in un testo B.
- Abilità di revisione e autocorrezione: non basta sapere le lingue per poter tradurre dei libri. Abilità editoriali come competenze di revisione e autocorrezione sono indispensabili per svolgere al meglio tale professione grazie alla rivisitazione dell’operato secondo le regole standard di coerenza e coesione di un corpo testo.
Come si diventa traduttore di libri? Consigli e percorsi formativi
Esistono diversi percorsi di studi per diventare traduttore di libri. Considerata la complessità della professione si suggerisce un curriculum di studi ibrido, arricchente sia sul piano interlinguistico sia nell’ambito editoriale.
Tra i percorsi di formazione più consigliati spicca la facoltà di mediazione linguistica, carriera accademica che prepara gli aspiranti traduttori ad acquisire tutte le competenze multilingue indispensabili per la buona riuscita della mediazione interculturale.
Conseguito il titolo di studio in lingue è possibile completare le competenze di traduzione con un master in editoria o un corso mirato in traduzione per opere editoriali.
A seguire la lista dei principali percorsi accademici (università, master e/o corsi) suggeriti per gli aspiranti traduttori di libri:
- Mediazione Linguistica
- Lingue e Letterature Straniere
- Traduzione e Interpretazione
- Editoria e Comunicazione
Pronuncia inglese: come migliorarla?
La lingua inglese domina lo scenario mondiale. Secolare lingua internazionale, l’inglese domina ancora oggi la sfera dell’economia, del turismo, della diplomazia ed estende le sue straordinarie potenzialità anche alla sfera interpersonale, come vero ponte tra lingue e culture.
L’importanza dell’inglese nello scenario internazionale
Il plurilinguismo rappresenta un grande strumento conoscitivo: conoscere tante lingue non solo avvicina popoli e culture, ma arricchisce anche la mente di abilità straordinarie, ottimizzando l’intero sistema neuro-cognitivo. Tale verità non è arbitraria, ma comprovata da studi e ricerche nel settore: la letteratura scientifica dimostra da anni l’efficacia dell’apprendimento multilingue sul cervello, in particolare nelle aree adibite alla memoria.
In breve, studiare le lingue rafforza la mente. Rispetto a parlanti monolingui, studenti e dipendenti italiani che parlano fluentemente inglese o altre lingue straniere sono personalità poliedriche, estremamente flessibili e con spiccate capacità di adattamento alla situazione.
Pertanto, puntare allo sviluppo di facoltà linguistiche rappresenta ancora oggi un grande investimento non solo a livello individuale, attraverso la maturazione di abilità linguistiche propedeutiche alla crescita personale e professionale, ma anche nella sfera collettiva: un mondo plurilingue è lo scenario ideale per la mobilità globale. Lingua internazionale ed economica, l’inglese resta al primo posto nella classifica delle lingue più richieste e apprese a livello mondiale.
Apprendere la lingua inglese: attenzione alla pronuncia
L’importanza della lingua inglese è oggi nota a tutti. In qualità di lingua internazionale, l’inglese può essere definito un vero ponte tra popoli e culture. La sua preponderanza a livello internazionale è visibile in ogni campo: economico (nelle relazioni commerciali), politico (nella sfera diplomatica) e sociale (negli scambi interculturali). Nata dalla commistione di più lingue, l’inglese resta la lingua più semplice da imparare; non a caso vanta il titolo di lingua più parlata al mondo.
L’importanza dell’inglese nell’ambito privato e nel mondo del lavoro è sotto gli occhi di tutti i governi, ancora oggi impegnati nell’ottimizzazione della qualità e quantità di ore dedicate all’apprendimento linguistico all’interno delle scuole pubbliche.
Eppure, nonostante la relativa semplicità dello studio dell’inglese; tale lingua trascina con sé una grande difficoltà durante le fasi di interlingua: la pronuncia. Foni alterati, suoni storpiati o arbitrari possono macchiare la semantica dell’eloquio, rendendolo ostico e, spesso, incomprensibile alle orecchie di altri apprendenti o interlocutori madrelingua. Avere una pronuncia corretta e consapevole può fare la differenza nella buona riuscita dello scambio comunicativo.
Come migliorare la pronuncia della lingua inglese?
Chi decide di apprendere la lingua inglese sceglie di investire sull’arricchimento interculturale. L’inglese domina ancora oggi lo scenario internazionale, anche online: secondo le stime ufficiali la lingua inglese è parlata in più di 50 stati e impera l’80% dei domini web. Studiare l’inglese significa, dunque, abolire ogni barriera linguistica e culturale, ma per raggiungere la vera padronanza linguistica è necessario ottimizzare la facoltà a ogni livello linguistico.
Sia in ricezione sia in produzione, avere piena conoscenza della pronuncia inglese rappresenta un plus linguistico agli occhi dei parlanti madrelingua. La pronuncia difficile dell’inglese deriva dalla mancata corrispondenza di grafia (le parole) e foni (i suoni).
Come migliorare la pronuncia inglese? Gli esperti consigliano il metodo dell’immersione linguistica: ascoltare canzoni, guardare film e interagire in lingua inglese può sensibilmente migliorare la pronuncia dell’inglese sia in fase di ascolto che in produzione. Questa strategia non è tuttavia sufficiente: per governare la pronuncia inglese è necessario seguire un corso specializzato o una facoltà dedicata come la scuola universitaria per mediatori linguistici.
Qual è la via più sicura per migliorare la pronuncia inglese?
Al giorno d’oggi esistono differenti percorsi da intraprendere per migliorare la pronuncia dell’inglese. Dalle semplici app linguistiche alla strategia dell’immersione fruendo contenuti in lingua inglese come film, musica, podcast o serie tv: la lista è davvero smisurata con un ampio ventaglio di scelta. Tuttavia, la strada più veloce e sicura per ottimizzare la pronuncia della lingua inglese resta la formazione universitaria.
Nessuna strategia pesa quanto la certificazione di un percorso accademico mirato e qualificato come l’indirizzo in mediazione linguistica. Scegliere una formazione specialistica nel settore attraverso un corso o una scuola universitaria fa la differenza anche a livello articolatorio.
Avviare un piano di studi all’interno di una facoltà specifica all’apprendimento completo delle lingue può agevolare lo studio della lingua di riferimento, in questo caso l’inglese, attraverso lo sviluppo consapevole e competente di ogni abilità linguistica, certificando ogni passaggio di livello (dall’A2 al C2) con certificati, esami o altre forme di qualificazione riconosciuti a livello internazionale.
Lavorare come interprete e traduttore in tribunale
Lavorare con le lingue è un’esperienza soddisfacente, emozionante e ricca di responsabilità. Intraprendere un percorso di studi in mediazione linguistico-culturale abilita a numerosi ruoli professionali in svariati settori socio-economici. Le abilità linguistiche, difatti, rappresentano una grande ricchezza non solo nella sfera delle relazioni interpersonali, ma anche nello scenario nazionale e internazionale.
Dall’economia alla diplomazia, le competenze multilingue agevolano la mobilità linguistica, elevando il principio della cooperazione sociale a livello locale e globale.
Lavorare come traduttore giurato in tribunale: abilità e responsabilità dell’interprete e mediatore linguistico
Tra le figure professionali più ambite con una laurea e un master in lingue spicca il ruolo del traduttore giurato in tribunale. Lavorare come interprete all’interno di un luogo giudiziario richiede, però, specifiche competenze plurilinguistiche che non possono limitarsi alla semplice traduzione.
Questo ruolo prestigioso richiede abilità linguistiche avanzate unite a una solida conoscenza del sistema giuridico. Tra le principali competenze richieste nel settore spicca la conoscenza linguistica: il traduttore deve dimostrare di conoscere le lingue in maniera fluente e professionale, con particolare attenzione al settore giudiziario. Le sue abilità includono le competenze produttive e ricettive del linguaggio giuridico complesso, sia orale sia scritto.
Le abilità linguistiche non sono tuttavia sufficienti; è necessario confermare anche una salda competenza interculturale: l’interprete deve comprendere le differenze linguistico-culturali in termini di diversità lessicale, semantica e pragmatica; requisito fondamentale per garantire il successo della comunicazione e di ogni singolo scambio comunicativo tra le parti coinvolte nel processo legale, poiché le differenze culturali possono influenzare l’interpretazione di termini e concetti.
La traduzione non è sufficiente: le abilità linguistico-giudiziarie richieste per lavorare come traduttore in tribunale
Come accennato in precedenza, conoscere le lingue non è sufficiente per intraprendere la carriera di traduttore e interprete all’interno di un tribunale. La traduzione, in particolare, si rivela poco abilitante e fedele alla realtà dei fatti: il vero mediatore linguistico deve essere in grado di interpretare, o meglio, mediare in modo preciso e accurato ogni processo giuridico tra le diverse lingue e nel pieno rispetto della cultura target.
Il compito principale del mediatore giurato è il successo comunicativo in ambito legale; garantito attraverso la custodia del significato originario di ogni singolo procedimento, senza aggiungere o tralasciare informazioni. Di più, è indispensabile assicurare i valori di neutralità e imparzialità, in modo da garantire una posizione obiettiva e bilanciata con riferimento al singolo processo legale. In generale, la grande responsabilità dell’interprete in tribunale è tradurre fedelmente ciò che viene espresso mantenendo riservatezza, competenza e professionalità, rispettando il codice etico e ogni regolamenti professionale a favore dell’integrità e della dignità della persona.
Come si diventa interprete e traduttore in tribunale?
Non esiste un percorso universale per diventare mediatori linguistici in un tribunale: i passaggi possono variare a seconda del paese o delle disposizioni della giurisdizione di riferimento. Ciononostante, è possibile elencare una lista di suggerimenti da seguire per intraprendere il curriculum più in linea con i propri obiettivi:
- formazione linguistica: seguire dei corsi o master in lingue; iscriversi all’università o a un’accademia specializzata nella formazione linguistico-culturale agevola lo sviluppo di abilità plurilingue indispensabili per padroneggiare la traduzione in ambito giudiziario.
- laurea o certificazione: durante la scelta del percorso di studi linguistico è consigliato scegliere una realtà accademica riconosciuta a livello nazionale e/o internazionale, in modo che possa validare attraverso un titolo di studio, come la laurea o la certificazione, la maturazione delle competenze linguistiche giudiziarie.
- conoscere il sistema giuridico: conoscere le lingue è essenziale, ma non sufficiente. Per diventare traduttore giurato è indispensabile avere piena padronanza del sistema giuridico nazionale; in ogni sua singola fase e procedura: è possibile ampliare le proprie conoscenze giuridiche attraverso l’iscrizione a corsi di diritto o attraverso esperienze di lavoro nel settore legale.
- esame di abilitazione: per diventare interprete giuridico è necessario superare un esame di abilitazione; percorso molto richiesto dalla maggior parte delle giurisdizioni per qualificare l’effettiva conoscenza dell’apprendente nel settore. La certificazione con conseguente abilitazione alla professione si riceve dopo previ superamento di un esame valutativo su entrambe le abilità: linguistiche e legali.
- esperienza pratica: per ottimizzare le proprie abilità nel settore è consigliato testare sin dall’inizio le proprie abilità linguistiche con riferimento a rischi e difficoltà della traduzione giudiziaria attraverso l’esperienza diretta e sul campo attraverso tirocini o stage in studi legali, organizzazioni giuridiche o tribunali.
- aggiornamento professionale: non esiste fine all’apprendimento. Dopo l’iscrizione e l’accreditamento presso un istituto giudiziario è bene continuare la formazione per aggiornare le proprie competenze linguistiche e giudiziarie attraverso corsi di formazione continua.
Come superare un esame all’università: 4 consigli utili
L’università rappresenta un grande investimento a favore della propria crescita personale e professionale. Intraprendere un percorso di studi universitario agevola, infatti, non solo l’acquisizione di nuove abilità e competenze, ma affina anche il carattere, aiuta a maturare.
Eppure, nonostante gli inconfutabili vantaggi, la carriera universitaria continua a intimorire un’elevata percentuale di giovani: alcuni studenti hanno confessato di temere in particolar modo gli esami; dalla preparazione con riferimento allo studio alla modalità di esecuzione delle prove.
Ma perché gli esami fanno così paura, specialmente a inizio carriera? La riposta è molto semplice. Orale o scritto, non importa: l’esame universitario rappresenta una grande novità. Si tratta di una vera sfida conoscitiva agli occhi del discente, ma che non è mai sinonimo di confine invalicabile.
A seguire alcuni consigli utili per superare un esame all’università, senza ansia, senza stress e, soprattutto, con piena fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.
Superare un esame: trova il tuo metodo di studio
Trovare il proprio metodo di studio è un il primo passo da compiere. Comprendere la migliore metodologia per prepararsi e superare a pieni voti un esame universitario è indispensabile per vivere ogni prova senza ansia, stress e altre inutili preoccupazioni.
Svolgere e superare un esame deve essere visto come una grande opportunità, una sfida su sé stessi; e non solo in termini di abilità e competenze acquisite, ma soprattutto con riferimento ai propri metodi di pianificazione e organizzazione dello studio universitario.
Un’avvertenza: se sei alla ricerca del miglior metodo di studio per affrontare un esame, non troverai risposta. Non esiste un metodo di studio universalmente valido: ciascun apprendente deve trovare il più coerente con i propri ritmi di studio e impegni quotidiani.
In linea generale, l’unico consiglio è individuare la tecnica di studio più efficace, vale a dire quel metodo di studio che ti consente di apprendere, dunque leggere e comprendere (non solo memorizzare) il maggior numero di nozioni e concetti nel più breve tempo possibile.
Arriva preparato: organizza il tuo piano di studi
Strettamente correlato al metodo di studio, la pianificazione dello studio è fondamentale per arrivare al giorno della prova d’esame senza ansia. La parola chiave per il successo è organizzazione nei minimi dettagli su ogni aspetto incluso nella fase di apprendimento.
A seconda del tuo personale metodo di apprendimento (dalla semplice lettura all’evidenziamento dei concetti con eventuali ripetizioni) pianificare in maniera dettagliata e stilare un vero piano di studi da rispettare e seguire alla lettera è decisivo per superare un esame universitario.
Dalla gestione del tempo al monitoraggio del materiale di studio di riferimento, ogni fase dell’apprendimento deve essere appuntata e rispettata in maniera rigorosa. Avere davanti a sé un calendario di studio dettagliato può fare la differenza sul voto finale.
Come accennato in precedenza, non limitarti alla memorizzazione, ma abbraccia la curiosità più sincera ed esplora l’argomento, integrando il materiale di studio richiesto dall’esaminatore o dal professore con appunti, approfondimenti, ricerche e altre risorse fuori dal singolo oggetto libro
Gestisci l’ansia durante la prova d’esame
Anche lo stato emotivo può giocare brutti scherzi sulla buona riuscita di un esame. Le emozioni negative, in particolare, possono rivelarsi gravi elementi di disturbo. Ansia, stress e preoccupazioni alterano la percezione della realtà e oscurano le abilità di focus, concentrazione e attenzione.
Se presenti in maniera eccessiva, ansia, stress e paura possono diventare un filtro percettivo altamente disfunzionale e, molto spesso, controproducente ai fini della prova stessa. Vivere un esame universitario con uno stato d’animo alterato può comportare effetti indesiderati.
Tra le peggiori conseguenze si evidenzia l’alta percentuale di rischio di fallimento di un esame o di superamento dello stesso in maniera divergente rispetto alle proprie aspettative o, comunque, poco coerente con riferimento alla propria preparazione e organizzazione di studio.
Saper controllare il proprio sentire, non lasciarsi sopraffare dalle emozioni; gestire l’ansia attraverso tecniche di respirazione, yoga e meditazione aiuta ad sviluppare un mindset positivo e, di conseguenza, ad affrontare gli esami con maggior fiducia e autostima.
Anche l’università può fare la differenza
Infine, anche la scelta dell’accademia può fare la differenza sull’esito finale di un esame. Scegliere di frequentare un università più contenuta e organizzata, come ad esempio una SSLM, agevola il percorso di studi, favorendone un andamento sereno, propositivo e positivo.
Un’università a numero ristretto considera i discenti anzitutto come persone e ne sostiene lo studio con un percorso di crescita personale e accademica umano ed empatico, senza lasciare alcun studente indietro.
Per gli interessati alla Scuola Superiore per Mediatori Linguistici, realtà più piccola non è sinonimo di scarsità; tutt’al contrario: un numero ristretto è sempre garanzia di qualità, dallo studio alle relazioni umane.
Non sarai un numero agli occhi dei professori, ma uno studente con un nome e un cognome; una persona da affiancare e guidare con sincera passione e dedizione nel percorso di studi attraverso il grande dono dell’insegnamento: la condivisione del sapere.
Esami universitari: come si svolgono?
Parte integrante di ogni curriculum studiorum, gli esami universitari accompagnano il discente durante l’intero percorso accademico. Dal più semplice al più faticoso, ogni esame superato consente di ridurre progressivamente il carico del percorso di studi, avvicinandosi sempre più alla meta, tanto desiderata quanto apparentemente interminabile, della laurea.
Indipendentemente dall’ambito prescelto, per raggiungere la specializzazione sperata ogni studente deve seguire un iter formativo specifico, progettato per indirizzare lo studio verso una didattica propedeutica allo sviluppo di nozioni, concetti e competenze necessari al lancio della carriera lavorativa della futura figura professionale al di fuori dell’ambito accademico: il neolaureato.
La prova è dunque un tassello obbligatorio e rappresenta un momento di estrema importanza per ogni laureando: affrontare un esame universitario consente non solo di misurare il livello di conoscenza acquisita durante un corso di studio, ma soprattutto di valutare la validità del proprio metodo di studio; ma come si svolge un esame universitario?
Le date e gli appelli d’esame
Le modalità di svolgimento degli esami universitari sono molto numerose e possono variare a seconda dell’università selezionata, del Paese di riferimento e, nondimeno, in base alla tipologia di corso di laurea prescelta.
Nonostante l’eterogeneità tipica di tali prove conoscitive, è possibile indicare una serie di regole universalmente valide e procedure standardizzate per ogni percorso universitario. In linea generale, le sessioni di esame si svolgono attraverso organizzazioni in date prestabilite.
Tali periodi di tempo sono riconosciuti in ambito accademico con il termine di “appelli d’esame”. Gli appelli a disposizione degli studenti rappresentano infatti l’arco di tempo stabilito e ufficialmente riconosciuto per sostenere e affrontare un determinato esame.
La cadenza degli appelli è decisione dell’amministrazione universitaria: ogni pianificazione prevede la suddivisione di ciascuna prova d’esame secondo procedure e ritmi rigorosi. Generalmente, la cadenza è regolare, a fine del semestre o dell’intero anno accademico.
Non mancano, però, soluzioni a cadenza irregolare, i cosiddetti “appelli straordinari”, perlopiù organizzati per il recupero esami, in modo da reintegrare alcune categorie di studenti, alleggerendo tempestivamente il piano di studi.
Gli esoneri
Per gli esami più difficili, in particolare quelli più complessi in termini di mole di studio o di carico concettuale, sono generalmente previsti degli “esoneri”, ossia delle prove intermedie che hanno il principale obiettivo di suddividere e organizzare la quantità di studio destinata all’apprendimento e, di conseguenza, a un’adeguata preparazione.
Gli esoneri sono le modalità di esame preferite dagli studenti perché consentono di affrontare un esame in modo progressivo, senza particolari sforzi, sacrifici e, dunque, stress. Un esame universitario organizzato in uno o più esoneri consente di valutare in maniera graduale e strutturata, organizzando le singole abilità in veri “blocchi” di prove.
In breve, gli esoneri possono essere definiti come percorsi valutativi suddivisi in tappe, pianificati con l’obiettivo di alleggerire un determinato esame, in modo tale da focalizzare la concentrazione e l’impegno dell’apprendente su porzioni di argomenti. Questo approccio favorisce uno studio più sano, propedeutico e sereno, favorevole alla gestione del carico di lavoro e, soprattutto, alla vera comprensione del contenuto materia di esame.
Questo metodo sprona gli studenti a maturare un’inclinazione allo studio più attiva, motivata e propositiva; in breve, ad abbracciare un mindset positivo, spinto dalla curiosità del sapere e sincera passione verso lo specifico argomento. Gli studenti di esami suddivisi in esoneri sono più attenti e mostrano un atteggiamento più partecipativo durante le lezioni.
La prova finale: pratica o teoria?
Per svolgere un’esame è dunque necessario iscriversi all’appello. Una volta segnata la data d’esame sul calendario inizia la vera preparazione: gli iscritti all’appello avviano il proprio piano di studi per affrontare l’esame e superarlo con successo, studiando il materiale previsto dal programma del corso di studio, integrandolo con appunti, ricerche e altre risorse fuori dal testo.
Anche in questo caso, non esiste una norma universalmente valida sugli svolgimenti degli esami universitari: le tipologie di prove finali sono innumerevoli e possono variare a seconda del tipo di corso di laurea o, semplicemente, dal singolo professore.
Ogni esame, a sua volta, differisce in base alle proprie caratteristiche. Con riferimento alla loro tipologia, gli esami si suddividono in due grandi categorie: scritti e orali, entrambi hanno lo scopo di valutare le competenze dello studente sia in produzione sia in ricezione.
Riguardo al piano della misurazione delle abilità e competenze, invece, gli esami si suddividono in teorici e pratici. In generale, la didattica italiana è perlopiù incentrata su modalità di svolgimento teoriche; poco spazio è rilasciato per prove pratiche.
Tuttavia, corsi di laurea specifici come quello in Mediazione Linguistica certificato dalla SSML bilanciano entrambe le categorie, riconoscendo effettivo valore alla pratica, e dunque anche alle prove a essa correlate: la pratica linguistica resta un’attività di apprendimento e verifica indispensabile per insegnare e monitorare la conoscenza e l’uso in situazione – know e know-how – di una o più lingue straniere.
Cosa fare dopo il liceo linguistico?
Cosa fare dopo il liceo linguistico? La domanda che si pone ogni studente alla fine dell’intero quinquennio non è banale. Al giorno d’oggi conoscere le lingue è fondamentale; e non solo per ricoprire ruoli nell’ambito della traduzione.
Il diploma in lingue rappresenta da sempre una spalancata porta verso il mondo del lavoro. Sempre più globalizzata, digitalizzata e interconnessa, oggi più che mai la società odierna richiede, e in alcuni campi pretende, una competenza plurilingue.
La ricchezza del multilinguismo è grande tesoriera per la comunità mondiale: vantare il supporto di figure professionali altamente specializzate nell’interpretariato e nella mediazione favorisce la comunicazione e agevola la mobilità internazionale.
La ricchezza del plurilinguismo nella società attuale
Grazie alla loro competenza in una o più lingue straniere, gli studenti diplomati al liceo linguistico perseguono il fine della mediazione interculturale, divenendo stabile supporto di un mondo sempre più collegato, integrato e inclusivo.
Considerato tale contesto, non sorprende la domanda crescente da parte di aziende di professionisti operanti in contesti multilingue. Le abilità linguistiche, difatti, non solo accrescono a livello personale, ma rendono accessibili molti settori lavorativi.
Tra i più importanti si ricordano il turismo, la cooperazione internazionale, l’insegnamento, la traduzione, la mediazione linguistica e, non per ultimo, il commercio. In breve, esistono solo grandi opportunità lavorative per i parlanti multilingue;
ma parlare e comprendere diverse lingue straniere è diventato oggi un requisito essenziale per il successo anche in settori altri rispetto al campo strettamente interlinguistico e culturale. In qualsiasi lavoro, la conoscenza delle lingue straniere consente di interagire senza vincoli.
I vantaggi della conoscenza di una o più lingue straniere
Oltre al settore lavorativo, la conoscenza in una o più lingue straniere apporta notevoli vantaggi per il discente. La conferma di tale verità arriva da dimostrazioni empiriche, sperimentate e verificate da numerose ricerche scientifiche.
La letteratura in merito è sconfinata e stando agli esiti della ricerca, la competenza plurilingue presenta considerevoli stimoli con effetto positivo sulle capacità cognitive; prime tra tutte le capacità di memoria e apprendimento.
Di più, vantare un livello QCER avanzato (Quadro Comune di Riferimento delle lingue) con riferimento a una lingua straniera, come un C1 (Avanzato) o C2 (Padronanza) consente di allargare i propri orizzonti conoscitivi grazie alla completa immersione culturale della lingua target.
In breve, conoscere una o più lingue straniere non solo apre le porte al mondo del lavoro, ma agevola lo sviluppo personale, rende più intelligenti, anche a livello emotivo ed estende la fruizione delle fonti conoscitive senza limiti linguistici e culturali.
Dopo il liceo: perché non bisogna fermarsi al diploma
Di fronte alla crescente richiesta di professionisti nel campo della traduzione e mediazione interlinguistica, è bene non fermarsi al diploma e proseguire il percorso di studi in lingue con un corso di laurea e, in seguito, una specialistica per affinare le proprie competenze plurilingue.
Al pari di altri settori, anche il campo linguistico rappresenta un settore dinamico e in costante evoluzione, in perfetta linea con le esigenze di un mondo altrettanto complesso, ricco di mutamenti e trasformazioni all’ordine del giorno.
Di più, il mondo della formazione linguistica richiede ruoli altamente qualificati, con certificazioni linguistiche aggiornate e coerenti ai bisogni crescenti. Proseguire gli studi consente pertanto un modo strategico per ottimizzare abilità linguistiche e culturali della lingua target.
Nel contesto caotico della globalizzazione, l’esperto in lingue rappresenta l’ago della bussola, il punto stabile all’interno della mediazione linguistica internazionale; e per diventare un vero professionista deve ultimare il proprio curriculum accademico con una formazione più avanzata.
Quale percorso di studi dopo il liceo linguistico?
Nella lista delle possibili carriere accademiche da intraprendere dopo il liceo linguistico spiccano i corsi specializzanti come corsi di laurea o master in interpretariato, traduzione o mediazione linguistica.
A seconda della professione desiderata, è possibile incanalare il proprio percorso di studi in differenti curricula universitari finalizzati all’avanzamento di metodi e tecniche di traduzione, interpretariato e mediazione interlinguistica.
Per gli appassionati di letteratura e cultura della lingua oggetto di studio è preferibile frequentare un corso di laurea in lingue e letterature straniere; se, invece, è lo scenario mondiale il campo professionale desiderato, è bene conseguire il titolo in cooperazione internazionale.
Per gli interessati a tutti gli aspetti linguistici che presiedono alle differenze linguistiche superficiali , invece, è consigliato il curriculum in lingue e mediazione linguistica: comprendere l’unità nella diversità è il grande passo verso la mobilità linguistica.